Sesto appuntamento del ciclo “Sport, valori e inclusione sociale”.
8 febbraio 2021, ore 17:00 (modalità online)
Dialogo con Caterina Gozzoli (psicologa, Università Cattolica di Milano) ci aiuta a comprendere le potenzialità dello sport come strumento di inclusione.
Lo sport – afferma Caterina Gozzoli – non è automaticamente veicolo di valori e mezzo inclusivo. Sicuramente la pratica sportiva possiede tante potenzialità: educare al gioco, divertire e generare benessere; ma è importante agire in modo consapevole. Perché lo sport possa effettivamente educare all’inclusione sociale è quindi necessario acquisire e mettere al lavoro specifiche competenze professionali. Ma questa sensibilità ad un formazione necessariamente interdisciplinare è forse il punto più debole sul quale il mondo sportivo è chiamato a lavorare.
Entrando nel vivo dell’incontro, il dialogo si focalizza sull’importanza del monitoraggio dei progetti volti all’inclusione giovanile e sulle difficoltà che spesso caratterizzano queste tipologie d’intervento. In quest’ottica, anche un “progetto fallito”, sottolinea Caterina Gozzoli, può rivelarsi utile per comprendere cosa non funzioni e a cosa sia necessario ripensare affinché lo sport sia realmente uno strumento inclusivo.
Da dove iniziare? In primo luogo, è necessario «abbassare l’idealizzazione dello sport come strumento capace, di per sé, di includere e di fare cittadinanza».
Il termine “inclusione”, osserva ancora Caterina Gozzoli, forse non è neppure il più adatto da utilizzare. Si tratta piuttosto di chiarire, fin dall’inizio, le intenzioni dello sport, offrendolo come un’occasione in grado di potenziare gli elementi che derivano dalle differenze e di coniugare i propri valori con quelli di altri. È indispensabile, a questo punto, circondarsi di “professionalità alte”, in grado di rispondere alla voglia di imparare di coloro che si avvicinano allo sport e di tenere conto della dimensione relazionale, perché «senza affettività non apprendiamo».
Il dialogo potrà essere seguito sul nostro canale Youtube e Facebook Istituto Jacques Maritain
Approfondimento
Quando lo sport è realmente capace di includere e cosa rende lo sport uno strumento efficace di inclusione sociale?
Caterina Gozzoli ritiene fondamentale partire innanzitutto da un dato: chi lo pratica lo fa perché vuole imparare quella determinata disciplina; serve quindi una serietà e competenza professionale da parte degli allenatori; è essenziale saper prendersi cura della dimensione relazionale; gli ambienti di apprendimento devono essere studiati e in grado di trasmettere fiducia.
Riflettendo sullo sport come ambiente di apprendimento in grado di disinnescare i conflitti e educare all’accettazione inclusiva delle differenze, Caterina Gozzoli afferma che «tali competenze professionali devono diventare patrimonio di chi poi, ogni giorno, si trova a lavorare con i ragazzi». Il ruolo dell’allenatore, professionalmente e umanamente preparato, è dunque sostanziale e insostituibile. Alle sue spalle deve esserci però una connessione con le altre figure professionali, quali educatori e psicologi che lo aiutino a maturare quelle competenze di cui il suo ruolo di tecnico, di educatore e di mediatore ha così bisogno.
Per approfondire questi temi e scoprire a fondo la figura della nostra ospite, riflettendo ancora meglio sul valore delle sue parole, vi lasciamo qui il video completo dell’incontro.
Locandina dialogo