1623 – 1973 La nozione di persona da Pascal a Maritain
Nella coincidente ricorrenza, un fascicolo dedicato al personalismo in dialogo tra Pascal e Maritain
Non è il semplice accostamento di due autori, nelle concomitanti ricorrenze del quarto centenario della nascita dell’uno e del cinquantesimo anniversario della morte dell’altro, che ci si propone di trattare in questo numero di Anthropologica, ma la restituzione di una linea di continuità che vede nell’autore delle Pensées impostarsi il solco di quella modernità alternativa che, anche in reazione ai riduzionismi antropologici dell’Illuminismo e del Positivismo, viene a svilupparsi nella ricca e diversificata stagione delle filosofie spiritualiste e personaliste dell’Otto e Novecento, da Maine de Biran e Rosmini fino a Bergson, Mounier e Maritain. Un’alternativa che, qualificandosi per una ricentratura della persona umana in una riconsiderazione del suo essere pluridimensionale al tempo stesso metafisicamente ed esistenzialmente pregnante, compensa la piega razionalistica e soggettivistica della linea dominante del pensiero moderno in una prospettiva sapienziale e relazionale dell’essere personale dell’uomo.
La proposta filosofica di Pascal e la modernità
Molteplici sono le ragioni che permettono di riconoscere nella riflessione di Pascal il disegno di una proposta filosofica moderna sotto diversi aspetti alternativa a quella impostata da Cartesio. In primis il suo essere relazione, una relazione strutturale all’essere, e la ricentratura della persona nella propria esperienza vitale, colta a partire dal fulcro della sua intimità pensante, che in Pascal si lega al tema dell’interiorità spirituale di ascendenza agostiniana. Una ricentratura, però, protetta dal ripiegamento solipsistico sul sé in quanto bilanciata dalla complementare dinamica di decentramento che dischiude la persona alla relazione intersoggettiva quale portante strutturale che conclude al consolidamento del proprio essere personale in quanto costitutivamente e ineludibilmente relazionale.
La ripresa di queste priorità nel pensiero contemporaneo, in reazione ai riduzionismi antropologici del razionalismo illuminista e positivista, nel generare quella straordinaria e variegata stagione dello spiritualismo, e dello spiritualismo francese in particolare, di Otto e Novecento, ne portò pressoché tutti gli esponenti, da Maine de Biran a Jacques Maritain, a misurarsi con Pascal, a ispirarsi a molte pieghe del suo pensiero, anche a contrastarne – per lo più a causa di pregiudizi e abbagli interpretativi – altre, in ogni caso a farne i conti come a un ineludibile riferimento cui riferirsi e attingere per la (contro)proposta di una modernità filosofica che riportasse al centro la persona nell’ampiezza multidimensionale della sua realtà, ontica ed esistenziale al tempo stesso.
Struttura del fascicolo e prospettiva
Per questi motivi abbiamo cercato di conferire a questa raccolta una visione di prospettiva, e di prospettiva di una continuità di ampio orizzonte temporale, che in particolare viene assicurata da contributi come quello di Domenico Bosco e Carmelo Vigna, che mettono in luce la vitalità delle grandi questioni senza tempo, per dir così, del pensiero, e in primo luogo l’avvertita urgenza di riconoscere all’umano l’ampiezza di respiro che gli è propria.
Si è ritenuto opportuno, così, muovere i passi dall’antropologia pascaliana (Peratoner), sviluppata dall’autore delle Pensées lungo i due assi complementari, dapprima delle contrarietà di miseria e grandezza e successivamente della stratificazione ontologico-metafisica delle dimensioni dell’esperienza nella corporeità, nella vita intellettiva e in quella spirituale della charité, nello spazio della quale la persona scopre il senso della propria costituzione strutturalmente relazionale. Di qui l’approfondimento, in rapporto alla figura della libertà, del protopersonalismo pascaliano e il suo accostamento alle filosofie personaliste di Charles Renouvier ed Emmanuel Mounier (Soliani), e la riconsiderazione di Pascal attraverso le illuminanti letture di due autori del Novecento filosofico e teologico di ampio orizzonte metastorico come Romano Guardini (Sandonà) e Michele Federico Sciacca (Caltagirone). A “cerniera” tra le due parti e a tracciamento della continuità tra la prima modernità filosofica e il pensiero contemporaneo vengono a collocarsi, come accennato, i contributi di Domenico Bosco, sulle plurime e diversificate rivisitazioni pascaliane di Otto e Novecento, e Carmelo Vigna, che riconsidera il personalismo, nello specifico, d’ispirazione cristiana alla luce dell’ontologia pascaliana dei tre ordini.
La seconda sezione del volume raccoglie quindi diversi contributi che, pur nella diversità di prospettive e singole questioni filosofiche analizzate, si confrontano innanzitutto con la riflessione personalista di Maritain, mettendosi in ascolto del filosofo francese e intessendo di volta in volta un dialogo critico, ma non per questo meno generativo, anche con altri autori del Novecento, suscitando così ulteriori domande e suggestioni. In rapporto con le premesse storico-teoriche della sezione precedente e a partire dalla considerazione del concetto di persona nella filosofia cristiana (Vigna) e della sua “avventura” nella storia del pensiero, in cui viene richiamata la teoria degli ordini di Pascal, si apre quindi l’esplorazione novecentesca sulla collocazione, in questo ampio alveo teorico, di Maritain, a riguardo del quale è parso utile offrire un’analisi della posizione assunta nei confronti dell’autore delle Pensées (Peratoner) che, seppur problematica quanto a correttezza esegetica e fondatezza dell’interpretazione, sorge da uno sfondo ricco di risonanze e tratti di continuità che permettono di riconoscere la sottostante vitalità della corrente profonda del revival pascaliano proprio allo spiritualismo e personalismo francese di Otto e Novecento.
Si passa così ad indagare l’elemento ontologico e metafisico della filosofia della persona di Maritain, proprio per riuscire a coglierne le ricadute in campo etico-politico ed epistemologico nella società postumanista (Possenti), in cui la centralità della persona viene messa in discussione. Quali sono esattamente i nuovi rischi e le nuove difficoltà che il soggetto incontra nella complessa società contemporanea? Può tale soggetto esimersi da una “fondazione interiore della socialità” (Grandi)? Quale spazio può conquistare in tale società “l’iniziazione” alla vita interiore? A quali frutti può condurre? Quale il bene comune da perseguire e realizzare? Si tratta, naturalmente, di questioni ampie e non nuove nella storia del pensiero, e che vengono qui approfondite a partire da differenti angolature all’interno dei singoli contributi.
La persona è il fulcro della riflessione, e richiede innanzitutto una definizione più precisa della concettualità così intesa: è possibile definire la sacralità della persona? È Simone Weil a criticare il legame tra sacralità della persona e diritto naturale sviluppato da Maritain in I diritti dell’uomo e la legge naturale, a partire dal concetto di sventura (malheur); l’autrice sottolineerà la sacralità non tanto della persona, quanto della possibilità di un “passaggio dalla persona all’impersonale” (Simeoni). Un’altra voce (apparentemente) dissonante rispetto a quella di Maritain è quella di de Rougemont, anche se il contributo qui proposto evidenzia chiaramente come le divergenti prospettive dei due filosofi possano invece trovare una risoluzione armonica in un a sorta di “personalismo apofatico” (Bondi). Un’esigenza fondamentale è poi quella di tutelare i diritti del soggetto all’interno della società: ecco che il percorso prosegue considerando in modo critico la concezione maritaniana dei diritti umani, che sembrano rimanere ancora oggi pericolosamente ancorati alla matrice illuminista (Petagine). L’attenzione alla persona nella sua integralità non può esimersi dall’affrontare la complessa e profonda riflessione di Maritain sulla relazione d’amore, inteso anche nella sua carnalità, nella centralità dell’esperienza e del dato corporeo e quindi nella sua dialettica tra eros e agape (Tumminelli). Se la persona trova il proprio compimento nella relazione con l’altro, è evidente che anche la relazione educativa ricopra un ruolo fondamentale nella filosofia di Maritain, che intende il percorso educativo e l’educazione in senso ampio come possibilità e invito per il soggetto, sempre al centro della riflessione pedagogica e della pratica educativa, alla realizzazione di una libertà autentica nella costruzione della complessa società contemporanea (Zaccaron). Il cammino proposto parte quindi da un’analisi del contesto storico-concettuale in cui il concetto di persona si sviluppa all’interno della filosofia cristiana, per poi fermarsi a considerare alcuni elementi fondanti della filosofia della persona di Maritain e affrontare un dialogo fecondo anche con altri autori (tra i quali Weil, de Rougemont, Lonergan).
Il percorso qui sviluppato non ha ovviamente la pretesa di riassumere o esaurire le piste di analisi, quanto piuttosto di riaprire una finestra sull’orizzonte della riflessione sulla persona intesa nella integralità delle sue dimensioni, nella creatività delle sue potenzialità, sempre di fronte al mistero della sua esistenza.